domenica 25 aprile 2010

Cargo.


Alla faccia di chi ha dimenticato cosa sia la fantascienza. E alla faccia di chi non lo ha mai saputo. E soprattutto di chi pensa di saperlo.
A ben guardare, dopo District 9 (Sud Africa) e Moon (Gran Bretagna), ovvero due film “low budget”, entrambi molto ben riusciti, fortemente basati sull’originalità della storia e sulla coerenza con i canoni del genere, si potrebbe pensare che i motori della meravigliosa macchina cinematografica statunitense abbiano grippato.
Mentre gli USA continuano a spendere cifre colossali nello sviluppo di remake non sempre all’altezza dei predecessori, improbabili prequel ed ennesimi sequel, il resto del mondo sperimenta e si mette alla prova.
Se da un lato ciò potrebbe indicare banalmente una carenza di creatività da parte dei produttori e degli autori americani, dall’altro pensiamo piuttosto che si tratti della conseguenza di un maggior peso del fattore economico rispetto al passato. Riproporre un successo collaudato, anche se opportunamente rivisitato, per centrifugazione, ibridazione o revisione, rappresenta talora una strategia più efficace per rendere redditizio l’ingente investimento che sottende le produzioni Made in America. Un po' come per gli editori italiani che preferiscono tradurre il primo romanzo di uno straniero già pubblicato in altri paesi piuttosto che puntare sull’esordiente nostrano. Le questioni di bilancio lasciano sempre poco spazio alle idee nuove.
Al di là delle frontiere più protette del mondo invece, i film si fanno ancora alla vecchia maniera. Almeno qualche volta. Si cerca di spendere poco, magari con qualche legittimo contributo statale (nei pochi paesi dove ancora questo lusso è consentito) e soprattutto, si cerca di farli bene. Forse ci si è costretti, ma quel che conta è il risultato.
E così al breve elenco di sopra aggiungiamo lo svizzero Cargo, film d'esordio di Ivan Engler.
Ambientato nell’anno 2267, in uno scenario in cui la Terra è diventata inabitabile e la maggior parte della popolazione vive su immense stazioni orbitanti sovrappopolate, il film riprende il classico tema dell’alienante viaggio spaziale di lunga durata. In questo caso la nave è un cargo (non a caso battezzata Kassandra) diretto verso una destinazione misteriosa. L’equipaggio è ridotto all’osso, e sull’oscurità che permea il copione irrompono brevi lampi di luce provenienti dal mitico Rhea, il pianeta lontano e pulito, miraggio che solo i più ricchi e i più fortunati hanno potuto permettersi di raggiungere, per iniziare una nuova vita al riparo dall’inquinamento e dell’angoscia che regnano sulla Terra.
Non sarà difficile rintracciare in Cargo citazioni esplicite e chiari riferimenti a 2001: Odissea nello spazio, Matrix, Alien, Blade Runner, e tanti altri film minori che inevitabilmente si collocano nella scia di uno di questi capisaldi.
Ottime le performance degli attori elvetici, a noi tutti perfettamente sconosciuti, nell’interpretazione dei personaggi, fra i quali, quasi in segno di rispetto delle minoranze, anche un nome e cognome italiani (quest’ultimo sembra a sua volta una citazione delle prime missioni di esplorazione sul globo terrestre: Vespucci).
La storia si dipana intorno ad un registro di inquietudine e spinta alla sopravvivenza, ma senza eccessi. Il Kassandra è attraversato dal silenzio dello spazio fondo, dove la materia è tanto rarefatta quanto la vita a bordo del cargo: un solo membro dell’equipaggio svolge in solitudine il suo turno di sorveglianza mentre gli altri rimangono in ibernazione nelle capsule criogeniche.
Fino al momento in cui a bordo accade qualcosa di inspiegabile. E il silenzio ha fine.
Ancora una volta, stilemi arcinoti del genere vengono mescolati in modo del tutto originale, dando vita ad una storia dal finale imprevedibile.
Se volete vedere questo bel film, rassegnatevi a imparare il tedesco o cercatene una versione opportunamente sottotitolata (se ne trovano).
Per quanto ne sappiamo, la distribuzione in lingua inglese è ormai prossima, ma al momento, tanto per cambiare, non si prevede alcuna versione in italiano.
Benché, ed il caso è tanto unico quanto ironico, il nostro così poco diffuso idioma sia una delle quattro lingue ufficiali del paese produttore.
Gute fahre, Kassandra.

sabato 17 aprile 2010

Parallel Lines: corti d'eccellenza.

Ci sono milioni di modi di raccontare una storia. C’è solo un modo per guardarla”.
All’insegna di questo motto, cinque registi firmano altrettanti cortometraggi dell’innovativo progetto Parallel Lines, vincolati dall’esigenza di adottare lo stesso dialogo, fatto di poche frasi essenziali che ruotano attorno alla scoperta di un unicorno.
Una vera sfida alla fantasia dei concorrenti.
I cortometraggi sono il risultato della collaborazione cinematografica sperimentale tra Philips e il rinomato studio di produzione Ridley Scott Associates (RSA), fondato dal regista Sir Ridley Scott.
Greg Fay, Johnny Hardstaff, Hi-Sim, Carl Erik Rinsch, Jake Scott hanno sviluppato la loro interpretazione personale delle sei righe di dialogo in stili diversi, fra i quali, fa piacere constatarlo, la fantascienza la fa da padrona: tre cortometraggi su cinque rientrano a pieno diritto nel genere, anche se chi vi scrive ritiene che il migliore sia in realtà “Il segreto di Matteo”, che è una storia decisamente realistica, e molto toccante.
I cinque titoli:
Il Dono – Carl Eric Rinsch: un thriller sci-fi ambientato in una Mosca futuristica.
Il Segreto di Matteo – Greg Fay: una storia commovente di un bambino e della sorellina.
Jun & i Cieli Nascosti – HiSim: una ritmata avventura di animazione sospesa fra fantasy e fantascienza.
La Caccia – Jake Scott: un inquietante thriller con un finale misterioso.
Darkroom – Johnny Hardstaff: un noir, uno sci-fi thriller ambientato in una futuristica Shanghai.
Gli appassionati di FS non potranno non apprezzare soprattutto Il Dono e Darkroom, in particolare il primo dei due, che sembra sia in effetti destinato alla realizzazione di una versione in lungometraggio.
Sono rimasto positivamente colpito dai film e dal modo in cui i registi hanno affrontato la sfida di costruire il loro cortometraggio sulla base di un unico dialogo quale fil rouge. L’hanno interpretato in maniera creativa e la loro tecnica di realizzazione è impeccabile” ha affermato Ridley Scott.
La collaborazione con RSA riflette l’impegno di Philips e rappresenta secondo il gigante industriale “la massima espressione dell’esperienza della visione cinematografica direttamente a casa propria”.
Per celebrare il lancio di Parallel Lines, è stato annunciato anche un concorso per la creazione di un sesto cortometraggio. Il concorso dal titolo “Tell it your way - Raccontala a modo tuo”, aperto al pubblico, avrà come giudice Ridley Scott che decreterà il lavoro più originale, creativo e di maggior impatto tecnologico. Il vincitore si aggiudicherà la possibilità di vivere un’esperienza di lavoro presso gli uffici di RSA a Los Angeles, New York, Hong Kong o Londra (maggiori informazioni su www.youtube.com/philipscinema).
I cinque cortometraggi di Parallel Lines sono disponibili nel sito dedicato e vengono visualizzati utilizzando tecnologie audio-video presentate da Philips con ovvie finalità promozionali.
E’ stata anche creata una fan page di Facebook dedicata a Parallel Lines (qui). Diventando fan, si ha accesso ai contenuti speciali aggiuntivi come le interviste ai registi, o fotogrammi e scene del backstage.
Non perdete questi cinque capolavori, e… siate pazienti in merito alla onnipresenza dello sponsor, senza il quale, va riconosciuto, tutto ciò non sarebbe avvenuto.
(Ringraziamo Luca Frasca per la preziosa segnalazione di questa notizia)